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Food and health

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Psicologia

L'alimentazione e la psicologia sono materia che si fondono l'una nell'altra. Dal normale rapporto con il cibo ai devastanti disturbi del comportamento alimentare (DCA) la psicologia è una materia che viene in aiuto alle persone per apprendere, migliorare, modificare o correggere il proprio rapporto emotivo con il cibo. In questo spazio discuteremo di questa affascinante intersezione fra scienza della nutrizione e psicologia.

Immagine dal blog dell'università eCampus

Un cigno per un abitudine

Di Luca Oberti

Questo curioso titolo ha a che fare con un metodo che viene utilizzato presso il mio studio per intervenire sulle abitudini alimentari. Sostanzialmente viene utilizzato il disegno di un cigno come "trigger" per far si che una certa attività venga compiuta (attenzione: non vale il contrario e quindi non viene utilizzato per interrompere un'abitudine).

Infatti, risulta molto più funzionale intervenire nella costruzione e nel potenziamento di abitudini sane che nella eliminazione di abitudini dannose. Vi faccio un esempio: è molto comune che durante la sera venga fame quando ci si sdraia sul divano in salotto. Bene, e' buona norma NON dire a una persona di non mangiare, poichè la mente porterà proprio a mangiare (non pensate ad un elefante: a cosa state pensando?). Risulta quindi enormemente più funzionale costruire una nuova abitudine. Potremo chiederci: perchè mi sdraio sul divano? sicuramente non per mangiare ma per rilassarmi. Succede quindi che viene associato al divano anche l'atto alimentare: come faccio a disfarmene? Beh, potrei, ad esempio, cambiare la posizione del divano, oppure se mi viene fame potrei pensare di mangiare, ma solo sul tavolo in un'altra stanza. In questo modo si elimina la correlazione divano-cibo e molto probabilmente non ci si recherà nell'altra stanza per mangiare. Non abbiamo eliminato il comportamento alimentare ma l'abitudine di manifestarlo in un certo luogo. Questo, sorprendentemente, porta anche a non compierlo più. Il cigno in questo contesto si inserisce nella misura in cui: ogni qual volta viene visto si compie una certa azione. E' la stessa cosa di prima, una modifica di un trigger (prima era il divano a triggerare, attivare, il comportamento e noi l'abbiamo eliminato, ora è il cigno che punta ad inserirne uno funzionale). Ogni volta che vedo il cigno bevo un dito d'acqua, ad esempio. Chiaramente è molto più complesso di quanto qua spiegato e le abitudini da inserire vengono identificate tramite un'analisi sistematica e approfondita di abitudini ed educazione alimentare. 

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Anoressia

Quando si perde la fame perché si ha perso se stessi 

Autore:  Luca Oberti

L'anoressia è forse il disturbo del comportamento alimentare (DCA) più conosciuto. Anoressia significa "perdita dell'appetito indotta dal nervosismo", da qui la definizione "anoressia nervosa". In realtà, questa definizione etimologica non rappresenta la vera identità di questo disturbo. Infatti, la base della patologia non è rappresentata dal nervoso bensì dalla ricerca della magrezza in sé. Nel atto di perdere sempre più peso, il malato attua comportamenti disfunzionali che lo portano a raggiungere un peso corporeo pericolosamente basso, sia in termini di massa grassa che di massa magra. Le funzioni organiche vengono progressivamente compromesse fino alla totale disregolazione di moltissimi metabolismi, oltre che di molti altri fattori ad esempio quello ormonale ( in caso di pazienti femminili si può raggiungere l'amenorrea: la scomparsa del ciclo mestruale).

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CRITERI DIAGNOSTICI - QUESTIONE DEL CONTROLLO - TRATTAMENTO

 I criteri alla base della diagnosi di anoressia nervosa vengono proposti dal DSM (qua vedremo i criteri aggiornati all'ultima versione: il DSM-5).
In particolare, questi criteri, in forma molto schematica e semplificata, sono:
- la restrizione calorica in relazione alla necessità;
- Intensa paura di aumentare di peso;
- L'alterazione del modo di vedere il peso o la forma del corpo.

Uno dei temi molto importanti quando si parla di anoressia nervosa è quello del controllo. Infatti, molto spesso (se non sempre) il paziente anoressico è una persona che cerca il controllo sul proprio peso corporeo e la propria forma fisica perché non ha "potere" su null'altro. Il peso diventa l'unica cosa che può essere controllata, sui cui si possano prendere decisioni indipendenti e, su questo tema, il rapporto con la famiglia gioca un ruolo fondamentale. 

Come si tratta questo disturbo? Affidandosi alle cure specialistiche di uno psicologo-psicoterapeuta e alla consulenza di un nutrizionista. Il lavoro d'equipe è essenziale: psicologo-medico-nutrizionista sono la triade "curativa". Il medico si preoccuperà di valutare la salute del paziente sul piano clinico, accertando i parametri vitali e intervenendo in caso di scompensi; lo psicologo psicoterapeuta lavorerà sulla risoluzione dei comportamenti disfunzionali; il nutrizionista avrà invece lo scopo di rialimentare il paziente e migliorare lo stato nutrizionale.